LOCAZIONI – Effetti della pandemia sulle locazioni commerciali

La pandemia da Sars-CoV-2 ci sta mettendo a dura prova, sia sul piano sanitario che economico, da ormai più di un mese.

Nel tentativo di arginare la diffusione del virus, il Governo ha messo in campo misure drastiche tra le quali vi è anche la sospensione di tutte le attività commerciali al dettaglio non essenziali.

Sono ormai migliaia i piccoli e medi (ma anche grandi) commercianti che, in ottemperanza alle direttive del Governo, si trovano con i battenti chiusi ormai da settimane.

Inutile dire che il primo effetto di tale forzato stop sia la mancanza di liquidità per far fronte alle spese fisse, tra le quali evidentemente spicca il canone di locazione.

Quali sono gli strumenti che, in una situazione del genere, sono nella disponibilità di tutti quei conduttori che si trovano in difficoltà con i pagamenti?

Posto che, ad oggi, non ci sono norme che autorizzino il conduttore a sospendere i pagamenti dei canoni alla luce della chiusura forzata della propria attività e che, data l’assoluta originalità della situazione de qua, non sussiste nemmeno l’ausilio di pregressa giurisprudenza sul punto, del tutto inesistente, con il presente articolo si cercherà di fare una panoramica delle tutele offerte in questo ambito dal nostro ordinamento giuridico.

Poiché la situazione che stiamo attraversando è temporanea, risulta evidente che la maggior parte dei commercianti/conduttori, auspicando una ripresa in tempi brevi della propria attività, non abbiano l’interesse di recedere dal contratto quanto piuttosto quello di trovare una soluzione per quanto riguarda la difficoltà economica del momento. Ciò non di meno, tanti altri conduttori non avranno la forza economica di riaprire il proprio esercizio dopo questo grave momento e, perciò, questi ultimi avranno invece l’interesse di liberarsi degli obblighi contrattuali in via definitiva.

Il Decreto “Cura Italia”

Venendo agli strumenti disponibili, è bene evidenziare che nel decreto “Cura Italia” (D.L. 18/2020) il Governo ha adottato delle misure straordinarie a favore dei conduttori, che sono:

  • il riconoscimento di un credito di imposta pari al 60% del valore del canone di locazione del mese di marzo 2020 (solo per immobili di categoria catastale C/1);
  • la previsione di regime di favore, in punto di responsabilità, nei confronti del conduttore che non dovesse adempiere al pagamento (“il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti“);

Risulta evidente, già da una prima lettura di tali disposizioni, che entrambe le tutele presuppongono la permanenza, in capo al conduttore, dell’obbligo di pagamento del canone.

Ciò nonostante, nel nostro ordinamento vi sono ulteriori strumenti attraverso i quali i conduttori possono veder tutelata la propria posizione di svantaggio. È evidente, infatti, che in tutte le attività soggette a chiusura forzata, vi sia stata un’inevitabile modifica del sinallagma a sfavore del conduttore, impossibilitato a fruire a pieno delle utilità del bene preso in locazione.

Le tutele per il conduttore

Gli istituti che possono essere utili in questo tipo di circostanze sono il recesso per gravi motivi previsto dalla disciplina speciale sulle locazioni, il recesso per parziale impossibilità sopravvenuta, la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta, nonché la revisione del canone sempre per impossibilità parziale o per eccessiva onerosità.

Il recesso per gravi motivi

Andando con ordine, il recesso per gravi motivi è un istituto previsto specificatamente dall’art. 27 co. 8 L. 392/78 a favore dei conduttori di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello abitativo; tale disposizione prevede la possibilità di recesso, con preavviso di 6 mesi comunicato tramite raccomandata, ogniqualvolta sussistano dei “gravi motivi”, da intendersi come fatti di carattere oggettivo (quindi non liberamente e unilateralmente valutabili dal solo conduttore), involontari, imprevedibili, sopravvenuti alla stipula del contratto stesso ed eccedenti la normale alea del contratto, tali quindi da rendere economicamente gravosa la prosecuzione del rapporto locativo.

Ovviamente, la gravosità dei motivi andrà valutata caso per caso ma le caratteristiche sopraelencate, così come specificate dalla giurisprudenza di legittimità, ben potrebbero, già a una prima valutazione sommaria, essere attribuite all’emergenza pandemica che ci occupa, rendendo quindi possibile ipotizzare l’applicazione dell’istituto nel caso di specie.

Ulteriori possibilità, per il conduttore, potrebbero inoltre essere la richiesta di recesso o, più semplicemente, di revisione del canone di locazione per parziale impossibilità sopravvenuta (art. 1464 c.c.), oppure ancora la risoluzione del contratto o, anche qui, la riduzione del canone, per eccessiva onerosità sopravvenuta (art. 1467 c.c.).

La parziale impossibilità sopravvenuta

L’art. 1464 c.c., nell’ambito dei contratti a prestazioni corrispettive, prevede che a fronte della parziale impossibilità della prestazione, il corrispettivo per la stessa sia giustificato solo per la parte corrispondente e debba quindi essere ridotto. Inoltre, se la prestazione residua non offre più un interesse apprezzabile per il creditore, quest’ultimo può recedere dal contratto.

In linea generale, l’impossibilità sopravvenuta (sia essa totale o parziale) che libera dall’obbligazione, deve però essere obiettiva, assoluta, riferibile al contratto e alla prestazione ivi contemplata e consistere in un vero e proprio impedimento, non removibile e, ovviamente, indipendente dal volere del debitore.

Le due principali cause di impossibilità della prestazione sono il c.d. factum principis e la forza maggiore. Il primo è una causa di impossibilità oggettiva ad effettuare una prestazione derivante da un sopravvenuto atto o provvedimento della pubblica autorità, mentre con la seconda, che non è compiutamente definita dal nostro ordinamento, si indicano tutti quegli eventi naturali e umani che, per la loro impetuosità, sono sostanzialmente non contrastabili una volta che si sono verificati.

Entrambe queste cause non sono, di per sé sole, sufficienti a giustificare l’inadempimento e, di conseguenza, a liberare l’obbligato inadempiente da ogni responsabilità. È infatti necessario che il factum principis sia totalmente estraneo alla volontà dell’obbligato e ad ogni suo obbligo di ordinaria diligenza, e che l’evento di forza maggiore non sia diretta o indiretta conseguenza delle azioni od omissioni del debitore e consista in un evento straordinario che impedisca la regolare esecuzione del contratto e renda inefficace qualsiasi azione dell’obbligato diretta ad eliminarlo.

Nel contratto di locazione, però, la prestazione principale del conduttore consiste nel pagamento di una somma di denaro (il canone di locazione) che, in linea di massima, è da considerarsi una tipologia di prestazione sempre possibile. Per questo motivo questa prospettazione non sembra adattarsi molto al caso di specie.

L’eccessiva onerosità sopravvenuta

Maggiormente calzante risulta, invece, sempre nell’ambito dei contratti a prestazioni corrispettive, l’eccesiva onerosità sopravvenuta (art. 1467 c.c.) che, come già accennato, può comportare la risoluzione del contratto o un semplice ridimensionamento della prestazione dovuta.

L’art. 1467 c.c. fa riferimento a “avvenimenti straordinari e imprevedibili” in forza dei quali la prestazione diventa eccessivamente onerosa (onerosità che non può comportare la risoluzione del contratto quando rientri nella sua normale alea) e giustifica la richiesta di risoluzione da parte del conduttore o comunque l’equa modificazione delle condizioni contrattuali.

Nel caso di specie, l’elemento di straordinarietà può essere ravvisato non tanto nella pandemia in sé, quanto nelle disposizioni del Governo, le quali hanno comportato in capo al conduttore, indipendentemente dalla sua volontà e in un modo che non era assolutamente prevedibile al momento della stipula del contratto, l’obbligo di sospendere la propria attività commerciale. Da tale fatto è derivato uno squilibrio tra le prestazioni delle parti: il canone di locazione è diventato tutto d’un tratto eccessivamente oneroso se messo a confronto con la drastica contrazione dei guadagni sofferta dal conduttore per causa a lui non imputabile ed eccezionalmente straordinaria e imprevedibile.

Sembrerebbe quindi possibile, per il conduttore, avanzare proposte atte a riequilibrare le prestazioni corrispettive, come ad esempio la riduzione temporanea dell’ammontare del canone di locazione o una dilazione di pagamento.

L’effettuazione di tale panoramica, seppur non esaustiva, permette di concludere dicendo che il conduttore di immobile commerciale, per quanto stia vivendo una fase estremamente delicata per la propria attività, non possa ritenersi completamente sfornito di tutele nemmeno in un momento storico eccezionale come quello che stiamo vivendo.

Leave a reply